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C’era una volta...e adesso non c’è più.

Una vita insieme. Lui l’unico uomo della sua vita. Lei il sogno e la realtà della sua esistenza.

E’ bello e doloroso insieme ricordare quell’incontro. Lei aveva sedici anni, lui diciannove. Da tanto lei lo vedeva prima, bimbo, giocare con i due amici del cuore poi, adolescente, fumare le prime sigarette, tornare da scuola e ritrovarsi con il gruppo alle quattro del pomeriggio, sotto casa, per scherzare, ridere tutti insieme, fare il play boy con tutte le ragazze del quartiere, tranne che con lei. Da anni lei lo vedeva da quella finestra. Non le piaceva quello che lui faceva. Troppo spavaldo, troppo irrequieto, troppo sfacciato. Da anni si salutavano appena quando si incontravano sotto casa. Quasi estranei a due passi di distanza dalla vita dell’uno e dell’altra.

Lei non era particolarmente bella. Piccola, minuta, con tutti quei riccioli scomposti, era buffa, tenera, dolce, pensava di sé di non essere per niente interessante. Lui era sicuro dei suoi occhi neri, della sua bocca carnosa e del suo metro e novanta.

Quel pomeriggio lui e lei si incontrano all’altro capo della città. Lui è lì per le lezioni private di filosofia e italiano, lei perché sua zia, quella a lei più cara, è in ospedale molto malata. Da quella scena parte la storia di Federica e Vittorio. Una storia di ben trentacinque anni insieme, di tanto amore, di troppi momenti difficili superati, però, sempre mano nella mano. Un figlio dopo qualche anno di matrimonio, amici, parenti, due case, un lavoro interessante e sempre più di successo per lui, una casa e un part time poco entusiasmante per lei.

Qualcosa però lentamente si turba. Tutto emerge quando Sergio, il figlio, decide di andare a vivere con la sua ragazza. Federica è soddisfatta, vede Sergio pronto per vivere la sua vita. Vittorio non è d’accordo. Vede il figlio poco responsabile. Ha scelto una donna di sei anni più grande, continua a non essere stabile nel lavoro, sempre con la testa fra le nuvole, con tanta voglia di viaggiare, di andare in giro. Vittorio e Federica, apparentemente per la prima volta, non si comprendono, non condividono quello che per lei è un segno del loro successo e per lui la sconfitta di aver cresciuto un figlio troppo viziato.

Per la prima volta il senso di solitudine li invade, non riescono a tenersi “per mano”. Lei ha 51 anni, lui 54. Si allontanano. A Federica non è mai piaciuto quel lavoro e un anno prima aveva deciso di andare in pensione con largo anticipo. Lui adora il suo lavoro. E’ diventato nel tempo un uomo di successo, stimato, apprezzato. Vittorio non riesce ad accettare alcuni comportamenti di Federica per lui nuovi, incomprensibili per una donna che è sempre stata dolce e disponibile ma, nel portare avanti il loro ménage, anche frenetica e iperattiva. La vede silenziosa, triste, distante, sempre a casa. Si sente profondamente tradito, deluso. Da un lato si allontana da Federica, dall’altro fa di tutto per essere visto dalla moglie, ma lo fa con atteggiamenti anche per lui nuovi. Si ferma spesso al lavoro, accetta inviti a cena con colleghe particolarmente interessanti e che da sempre gli fanno la corte. Federica intuisce ma non riesce più a tenere a sé il suo Vittorio. Non sente di saperlo ancora fare. Arriva il momento in cui lui fa l’ultimo gesto eclatante per cercare di attirare la sua attenzione: le comunica che per lui è meglio andare via da casa, andrà a stare dal fratello. Lei lo lascia andare. Lo ama ancora tanto da pensare di non volerlo soffocare costringendolo a stare con lei. Sa perfettamente che senza di lui non è assolutamente nulla ma anche lei sente la delusione nei suoi confronti, nei confronti di chi è stato l’unico punto fermo della sua vita. Non comprende quanto anche Vittorio vorrebbe solo tornare indietro di qualche mese, avere la certezza di essere amato, di invecchiare insieme con il suo “ricciolo di carbone”.

C’era una volta… e adesso non c’è più…

Come fare a vivere una vita diversa da quella che da sempre si è desiderato avere? Cosa significa essere soli? Cosa significa doversi inventare in una storia nuova? Cosa significa pensare al plurale e ritrovarsi al singolare? Con una vita lontana dal finire ma troppo vicina a quella inesorabile discesa verso il poco. E si può amare ancora? Si può essere amati, avere una seconda chance? Fare i conti con l’idea del fallimento. Come può il benessere psicologico, di cui si scriveva in precedenti riflessioni, trovare spazio in questa storia, che è poi la storia di molti?

Condividere progetti, emozioni, sentimenti, successi e insuccessi è ciò che sicuramente rende più ricca e interessante la via dell’essere umano. Specchiarsi negli occhi dell’altro e avere consensi, opinioni, conferme e quant’altro è un elemento primario per costruire una immagine di sé. Come scriveva Charles Horton Cooley “ciascuno è specchio dell’altro e riflette chi passa”. Il vivere il NOI però non deve portare all’annullamento del SE’. La propria individualità deve essere salvaguardata per poter riconoscere e comprendere le esigenze personali in continuo movimento, che possono prendere forme diverse nei differenti momenti della propria esistenza. Il rischio è che l’altro possa anche diventare capro espiatorio di incapacità e difficoltà personali. Prendere forza e motivazione solo dal nostro compagno/a di vita carica quest’ultimo/a di una responsabilità che nessuno mai potrà prendere sino in fondo. Farlo, infatti, significherebbe accettare e confermare il messaggio di incapacità e senso di inadeguatezza che rimandiamo a chi, invece, insieme a noi dovrebbe poter contare sulle nostre risorse, pur conoscendo le nostre debolezze. Solo sapendo di saper stare nella propria solitudine e nelle proprie paure si può stare bene con gli altri.

Per Vittorio e Federica, per ognuno dei due, è importante credere di poter affrontare i cambiamenti e le difficoltà che ne conseguono; riconoscere che non sarà facile ma pensare di potercela fare senza annullare il vissuto di quello che è stato, in tutte le forme in cui esso si è espresso.

C’era una volta… adesso non c’è più…. ma il pennello per continuare a colorare l’arcobaleno è nella mia mano.


Articolo a cura della
Dr.ssa Stefania Martina
Psicologa Psicoterapeuta a Roma

Dott.ssa Stefania Martina
Psicologa Psicoterapeuta

Roma

Iscritta all’Albo Professionale degli Psicologi della regione Puglia n. 1050
Laurea in Psicologia
P.I. 09826701006

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