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Famiglie ricostruite

Monica ha quarant’anni, due figli, Luca di otto anni e Laura di sei.

Separata da tre anni dopo un matrimonio di quindici. Ha conosciuto il marito da ragazza.

I figli vengono affidati consensualmente a lei poiché l’ex marito afferma di avere poco tempo per seguirli.

Monica ha iniziato una relazione da un anno con Vittorio. Da un mese sono andati a vivere tutti e quattro insieme. Iniziano però sin da subito i primi problemi. Il primogenito, Luca, mette alla prova Vittorio. Il bambino ha sentimenti contrastanti. Da una parte si sente spodestato dal ruolo di “maschio” della famiglia, dall’ altra pensa di dover proteggere la madre da un’ulteriore delusione. Vittorio cerca prima di essere affettuoso poi tenta di imporsi, dando anche delle regole.

Monica inizia a sentirsi tra due fuochi; pensa di dover proteggere suo figlio però non vuole perdere il nuovo legame che sente forte. Anche lei non sa come comportarsi, come una bilancia si sposta da una parte all’altra. La tensione sale. Laura è più accondiscendente anche se il clima in casa la porta ad avviare un contrasto con la madre.

Arrivano in terapia in questa fase. La richiesta è quella di trovare un accordo, un punto d’ incontro tra tutti e quattro.

Attraverso le convocazioni stesse la terapeuta cerca di dare dei nuovi confini familiari ma anche un ruolo al padre che sembra troppo marginale. Pertanto, come da loro richiesta, prima viene convocata la nuova famiglia costituita, successivamente gli ex coniugi (non certo più come marito e moglie ma come genitori degli stessi figli). E’ importante ridefinire anche con loro il ruolo e lo spazio genitoriale. Successivamente vengono convocati i due fratelli per ricreare una complicità generazionale.

Un secondo passaggio della terapia è quello di creare una nuova storia familiare; si fa raccontare alla coppia come si è composta cercando così di creare nuove emotività condivise. Viene anche chiesto al nuovo nucleo familiare di uscire insieme con l’obiettivo di far nascere una nuova storia tra di loro.

Una difficoltà, infatti, delle famiglie ricostituite è proprio di non avere un passato comune, un passato non solo storico ma anche emotivo, di condivisione.

Un ulteriore passaggio per la terapia è stato, infine, quello di capire come è stata vissuta ed interiorizzata la separazione dai vari membri. La riuscita della costruzione di una famiglia ricostituita dipende molto anche da quanto il vissuto di fallimento della vecchia relazione sia stato elaborato.

Gradatamente la nuova famiglia inizia a prendere spessore, i conflitti diminuiscono, Luca comincia a riprendersi il suo ruolo di figlio e non più di uomo vicino alla madre. Il padre inizia ad essere più presente nella vita dei figli.

La riflessione è che quello di Vittorio, di Monica e dei suoi figli è un percorso continuo che la psicoterapia deve solo avviare. Il resto lo deve fare il vivere affinchè la nuova storia inizi a raccontarsi con tinte nuove, più variegate e complesse di quella precedente.

Passiamo alla teoria per ritrovare in essa parte della storia di Monica.

La famiglia ricostituita viene definita da due adulti che, nell’incontro, ne compongono una nuova portando dentro essa uno o più figli avuti da precedenti unioni.

Già da questa definizione si capisce quanta flessibilità e capacità di adattamento devono avere tutti i componenti di questi nuclei familiari.

In un’epoca di forti cambiamenti sociali e culturali della famiglia è importante ampliare il significato stesso di nucleo familiare. E’ importante anche modificare e rendere più flessibile l’immagine interiorizzata che ciascuno di noi ha della famiglia, che non può più essere ristretto al concetto di famiglia tradizionale: madre, padre e figlio/i. Infatti, mentre a livello culturale - in termini però astratti - questo salto è stato avviato, a livello emotivo il concetto di famiglia allargata non è stato ancora interiorizzato. Questa è la sfida che va compiuta per i genitori d’oggi ma soprattutto per i figli e futuri adulti. Soltanto vivendo in modo il più possibile naturale ciò che nella vecchia concezione di famiglia possono sembrare “anomalie”, si può trasmettere questa naturalezza ai propri figli e si può far vivere come qualcosa di nuovo ciò che altrimenti verrebbe vissuto come “diverso” e quindi fonte di disagio.

Una evidente difficoltà di queste famiglie è quella, come abbiamo visto anche nella storia precedentemente descritta, di doversi formare non avendo una storia comune ma dovendosela costruire con tutte le difficoltà di adattamento che ciò comporta e con i possibili intoppi nella integrazione con le rispettive famiglie d’origine, con i nuovi membri siano essi genitori acquisiti, fratelli acquisiti o parenti acquisiti.

Probabilmente, come molte sfide di questa nuova epoca di grossi cambiamenti culturali, il “diverso” deve essere integrato ed accettato e la diversità deve diventare una forza, una possibilità di evoluzione e non certo un limite.

Come ci insegna Bateson “dalle differenze si creano le informazioni”.


Articolo a cura della
Dr.ssa Stefania Martina
Psicologa Psicoterapeuta a Roma

Dott.ssa Stefania Martina
Psicologa Psicoterapeuta

Roma

Iscritta all’Albo Professionale degli Psicologi della regione Puglia n. 1050
Laurea in Psicologia
P.I. 09826701006

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