Sei qui:

I fratelli e le radici orizzontali

Nel nostro lavoro di psicoterapeuti familiari sempre più ci stiamo interessando alla dimensione della fratria che spesso indaghiamo ed utilizziamo per una lettura più completa dei sintomi di cui è portatore il paziente. L’esperienza di chi scrive porta a fare delle riflessioni sul cambiamento che sta avvenendo in questa dimensione. Purtroppo la condizione di essere o di avere un fratello sta venendo meno. Le famiglie sempre di più sono composte da un unico figlio che, nella prospettiva dell’essere un domani adulto, non sarà mai zio né avrà quindi nipoti. Cambia dunque proprio la predisposizione individuale a dimensioni variegate di sè in diversi ruoli familiari e quindi anche socio-relazionali (Lucia, 44 anni, nell’esprimere il suo bisogno quasi improvviso di avere un secondo figlio afferma: penso sempre più spesso alla differenza tra me e i miei genitori e a quello che vivrà mio figlio;mia madre aveva tre fratelli e mio padre una sorella, mi hanno cresciuta i nonni e le mie due zie più giovani ed è stato molto bello; io però sono figlia unica così come il mio compagno, abbiamo solo un figlio. E’ un bambino che ha tanti amichetti perché stiamo cercando di dargli compagnia in altri modi ma non ha cugini, non ha zii e questo mi sta facendo sentire tanto in colpa……).Questa chiaramente è l’estremizzazione di uno spaccato che in realtà un po’ si sta capovolgendo in quanto alcune coppie stanno raggiungendo il grado di consapevolezza di Lucia e del suo compagno rispetto alla solitudine sociale della mancata fratria. Ma è un processo molto lento. Dunque saranno almeno tre o quattro le generazioni future che patiranno della carenza di cui si scriveva. E la ripresa reale probabilmente si percepirà ancora più in là in termini di restituzione del valore della famiglia allargata.

Altra riflessione. Sono tanti i fattori che creano la differenza tra un fratello e l’altro. Ad esempio l’ordine di nascita. Il primo figlio nasce nell’ambito di una coppia, gli altri all’interno di una famiglia. Pur avendo gli stessi genitori e vivendo la stessa storia, raramente la raccontano allo stesso modo. In realtà non hanno nemmeno gli stessi genitori in quanto sono nati in momenti anche molto diversi della vita di questi ultimi.

Essere non solo figlio ma anche fratello è un passaggio non scontato, soprattutto nell’attuale dimensione socio-economica in cui i giovani a lungo rimangono in casa con i genitori mantenendo per tanto la dimensione di figli a discapito spesso sia del vissuto di sé come di un adulto competente e autonomo, sia della complicità tra fratelli. Luisa ha 32 anni. I genitori si separano quando lei ha tre anni. Per sei o sette anni vive da sola con la madre, accudita e coccolata anche dai nonni paterni. Il padre , le viene raccontato, ha accolto la sua nascita con tanto amore, all’atto della separazione però si allontana completamente dalla moglie e dalla figlia costruendosi altrove nel tempo un’altra vita. Luisa cresce senza il padre. A otto anni entra nella sua vita quello che diventerà il secondo marito della madre. Un uomo giovane con un figlio, avuto da una donna che, essendo tornata a vivere in Australia, ha reso inevitabilmente molto sporadici gli incontri tra padre e figlio. Luisa ad otto anni passa dall’avere la madre tutta per sé al doverla dividere con un uomo che spesso l’allontana da lei portandola in viaggi fantastici, viaggi da cui però Luisa viene puntualmente esclusa. Cresce tra il cercare fortemente di essere accettata da quest’uomo al litigarci e al competere con lui per avere per sé la madre, oltre che per proteggerla dalla sofferenza che il rapporto di coppia le portava. La madre ha provato più volte ad avere un figlio dal secondo marito ma tutti i tentativi sono falliti. Luisa adolescente ha fatto la “danza della pioggia” purchè la madre non rimanesse incinta. Ora ricorda quei momenti con immenso dolore sia per il senso di colpa di aver tanto desiderato di non avere un fratello portando alla madre grande infelicità, sia per l’enorme senso di solitudine che oggi consapevolmente prova e che la spinge tra le braccia di chiunque possa darle la garanzia di non rimanere sola nella vita. Luisa, pur essendo una donna in gamba, è ancora tanto, troppo, figlia. Sia con la madre sia con il padre acquisito ha comportamenti fortemente egoistici, attira l’attenzione tuttora con modi prepotenti e pretenziosi. In terapia porta il grande dolore di non riuscire a pensarsi senza qualcuno che le stia accanto . Ora ha dolore per la sua condizione di figlia unica.

Luisa mi fa pensare ad una storia molto diversa. Ad una bambina di 10 anni. Antonella è terza di cinque figli. Racconta dei tanti litigi con i fratelli, di quanto le pesi dover essere responsabile delle più piccole ma di quanto, però, quando è triste per le delusioni nel rapporto con le sue amichette o per gli insuccessi scolastici, il solo abbracciare le due sorelline di due e quattro anni e mezzo l’aiuta a sentirsi meglio, a distrarsi e a sapere che ci saranno sempre i fratelli che, con i loro dispetti, con le gelosie o la competizione per avere l’attenzione dei genitori, la faranno sentire importante.

Le radici verticali dell’albero ben piantato per terra rendono metaforicamente chiaro il concetto del passaggio generazionale di valori, vissuti, aspettative, di una cultura carica di linfa vitale che, per l’appunto attraverso le radici, si propaga nella vita di ognuno di noi. Le radici orizzontali sono quelle che aiutano o meno a raggiungere queste dimensioni attraverso però l’essere coetanei, la condivisione, l’appartenere, l’avere in comune, il potersi raccontare quello che è stato riuscendo poi a trasmetterlo oltre che ai figli anche ai nipoti. Diramando le radici nell’humus della vita che continua.


Articolo a cura della
Dr.ssa Stefania Martina
Psicologa Psicoterapeuta a Roma

Dott.ssa Stefania Martina
Psicologa Psicoterapeuta

Roma

Iscritta all’Albo Professionale degli Psicologi della regione Puglia n. 1050
Laurea in Psicologia
P.I. 09826701006

AVVISO: Le informazioni contenute in questo sito non vanno utilizzate come strumento di autodiagnosi o di automedicazione. I consigli forniti via web o email vanno intesi come meri suggerimenti di comportamento. La visita psicologica tradizionale rappresenta il solo strumento diagnostico per un efficace trattamento terapeutico.

©2017 Tutti i testi presenti su questo sito sono di proprietà della Dott.ssa Stefania Martina
www.psicologi-italia.it

© 2018. «powered by Psicologi Italia». E' severamente vietata la riproduzione, anche parziale, delle pagine e dei contenuti di questo sito.